La tragedia della giovane Beatrice Belcuore è davvero straziante: era un’allieva della Scuola marescialli dei carabinieri di Firenze e si è tolta la vita.
Fare carriera nell’Arma dei Carabinieri era il sogno di tutta una vita e Beatrice Belcuore, una ragazza di 25 anni, lo stava perseguendo con grande entusiamo: poi qualcosa ha iniziato a non andare per il verso giusto e la situazione si è fatta sempre più difficile, fino ad arrivare a un tragico epilogo. Lo scorso 22 aprile, ha preso la pistola di ordinanza e si è tolta la vita: purtroppo, non è nemmeno un caso isolato.
Negli ultimi anni, all’interno dell’Arma dei Carabinieri e in generale delle forze dell’ordine si sono verificati diversi casi di suicidio, per le ragioni più disparate, e talvolta anche per le stesse ragioni che avrebbero spinto questa giovane ragazza a togliersi la vita. Ovvero vessazioni, che continuamente subiva e sotto diverse forme. A tre settimane dal suicidio, i genitori della giovane carabiniera sono usciti allo scoperto.
In una lettera al sindacato UNARMA, che ha risposto promettendo di fare luce sull’accaduto, la famiglia di Beatrice Belcuore ha reso note le condizioni in cui operava e ciò che era costretta a subire questa ragazza, allieva della Scuola marescialli di Firenze. Si parla di singoli episodi, così come di comportamenti reiterati e assurde regole a cui sottostare.
Machismo e cameratismo, secondo la lettera, erano insomma all’ordine del giorno: così la ragazza raccontava ai genitori di essere stata costretta all’adunata nonostante avesse il Covid ovvero avesse la febbre. Poi tutta una serie di regole da osservare durante la sua permanenza dentro e fuori la scuola: ad esempio il divieto di chiudere la porta mentre faceva la doccia.
Oppure quello di portare calzature tipo anfibi o stivali quando era in libera uscita. Quindi ancora pernotti saltati in caso di voti bassi o bocciature. I genitori di Beatrice Belcuore chiariscono come la figlia sin da subito avesse manifestato intenzione di abbandonare la scuola e invece aveva poi resistito al suo interno. Nei giorni prima del suicidio, la carabiniera manifestava “sintomi attribuibili a una condizione di forte stress psicofisico”.
Stando alla denuncia della madre, stava perdendo i capelli e come il caso della ragazza, originaria di Castelnuovo di Farfa, piccolo centro del rietino, ve ne sarebbero altri. Ad esempio un suicidio avvenuto nel 2017 nella stessa scuola, ovvero quello di un ragazzo sardo di 22 anni di nome Michele.
Infine, i familiari di questa giovane carabiniera che si è tolta la vita spiegano di aver denunciato “con la speranza che si possa fare seriamente luce sul fenomeno suicidario che coinvolge uomini e donne in uniforme”. Dalla risposta di UNIARMA, ci si aspetta ora che si passi a fatti concreti, per fermare questi comportamenti.
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